Forse ad Ancona è successo proprio questo e, se è così, allora si spiegano tante cose: le impasse di tanti governi, la paralisi di tante attività, la poca cura con cui i cittadini trattano le cose di tutti, le piazze, le strade, i monumenti, e anche quella ostinazione atavica a lasciare deserti questi luoghi, per ritrovarsi nelle proprie case, nei propri circoli, dentro e quasi mai fuori dai muri delle case. Un architetto, non ricordo di preciso chi, ha detto che Ancona è tanto poco interessante nei suoi esterni, quanto è affascinante, invece, nelle abitazioni private, costruite e arredate con gusto, con competenza, interessanti dal punto di vista estetico e architettonico.
Questa città è stata a lungo off limits: i suoi luoghi e i suoi monumenti più belli le sono stati negati nei secoli. Il Cardeto, per esempio. Chi ce li ha, oltre a noi, quarantacinque ettari di verde dentro il centro storico? Pieni di storia, oltre che di natura, dai riti dionisiaci a Napoleone Bonaparte. Il parco del Cardeto, con i suoi affacci sul mare mozzafiato, è proprietà degli Anconetani solo dal 2000, cioè solo da dieci anni.
La Mole Vanvitelliana è un monumento con un fascino unico, sospeso tra terra e acqua, anima peculiare di questa città che unisce nel suo carattere la vertigine della montagna (il Cònero che sta dietro di noi) con l'odore e il sapore del mare. Ma è, al tempo stesso, un simbolo centenario di negazione, di malattia e di morte.
Succede anche alle persone: chi vive una vita di negazioni prima o poi si convince che la negazione è il suo destino e la rende uno stile di vita, fatto di rassegnazione e di rinuncia. Si chiude, come gli anconetani chiudono le porte di casa, rifiutando di vivere fuori, rinunciando e temendo le novità, di qualsiasi genere esse siano. Noi rifuggiamo dalla città. Amiamo invece, di un amore profondo e naturale, il nostro mare.
Ora, non è detto che da questo male non si possa guarire, anche se è molto difficile. Certo è che quest'estate qualcosa di nuovo è successo. La Mole Vanvitelliana non si è solo riaperta al pubblico, ma è diventata una piazza, dove centinaia di persone hanno accettato di incontrarsi ogni sera.
E' stata una specie di porto franco: non identificandosi con i luoghi tradizionali di incontro di una città, così galleggiante sul nostro amato mare, ci ha dato fiducia, ci ha reso confidenti, direbbero gli inglesi. Alla Mole, dove è andato in scena il primo cartellone culturale estivo anconetano di tutti i tempi, per tutta l'estate abbiamo potuto trascorrere le serate, chiacchierare, prendere un aperitivo, andare al cinema o a teatro, ascoltare musica, incontrare i grandi della cultura e dello spettacolo.
Chi ha partecipato all’inaugurazione della mostra di Milo Manara, ad esempio, ricorderà sicuramente l’artista seduto a un tavolino del Raval, di fronte allo storico tempietto, che disegnava le sue mitiche illustrazioni sui fogli, sui libri e persino sulle braccia di tanta gente arrivata lì per salutarlo di persona, per farsi una foto con lui, oltre che per vedere le sue opere. E se in un venerdì sera ventoso di fine luglio attorno al grande palco della Corte il miracolo della danza di Virgilio Sieni è riuscito a creare un’atmosfera sacra tra il pubblico, la sera successiva sono stati gli stessi cittadini a salire sul palco e ad accogliere, numerosissimi e calorosissimi, l’Ancona dance festival, di cui molti ragazzi anconetani sono stati protagonisti.
La Mole si è trasformata nel luogo in cui la cultura diventa viva e incontra la gente e dove la gente incontra
E questo è un secondo aspetto interessante: ad Ancona ci sono persone che fanno cultura sul serio, che fanno cultura contemporanea, di grande qualità. Tutte queste persone le abbiamo viste all'opera quest'estate. Le ragazze di Mac, come le chiamo io, sono un gruppo di giovani e competenti professioniste che hanno fatto diventare questa città un punto di riferimento internazionale per la Pop art. Qui da noi ormai lavorano abitualmente artisti come Ericailcane, Ozmo e molti altri. La galleria Quattrocentometriquadri, nata da pochissimo, ha il merito di aver trattenuto in città il mito di Gino De Dominicis, dopo che il filosofo Antonio Luccarini ce l'aveva riportato adagiando la sua Calamita cosmica proprio dentro la Mole Vanvitelliana. Eric Bagnarelli, con il suo festival Spilla ci regala da anni le anteprime illustri di musicisti e gruppi che poi, puntualmente, diventano famosi. Giovanni Seneca non è solo un musicista e compositore di ottimo livello, ma dirige da anni un festival, l'Adriatico Mediterraneo, che ha fatto di questa città la capitale culturale del Mare Nostrum. E questi sono gli esempi che io tocco con mano ogni giorno nel mio lavoro, ma le citazioni non esauriscono la ricchezza che c'è qui.
Ora c'è da augurarsi che la terapia estiva abbia funzionato, che dai nostri palazzi più belli, come dalle nostre periferie, si sia aperta qualche finestra. Che qualche portone cominci, parimenti, ad aprirsi.
Il panorama qui è meraviglioso.
Bisogna che ce ne innamoriamo.
1 commento:
la cura per ancona sarebbe che tutti i suoi abitanti potessero possedere anche un solo atomo dell'amore che l'autrice di questo post rivela di nutrire per la sua città. si sente batterne il cuore sotto ogni sua singola parola. ancona non è una città triste. ancona non è una città senz'anima. ancona è una città che deve soltanto trovare più coraggio per rivestirsi di una nuova luce. per essere bella da vivere. per cominciare, basterebbero un sorriso e un buongiorno intonato quando si entra in un qualsiasi locale pubblico. sentirsi ben accolti, in fondo, non fa mai venir voglia di partire...no?
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