giovedì 13 maggio 2010

Il mestiere del fantasma

Fare il ghostwriter ha dei lati interessanti.
La prima cosa da fare è capire per chi scrivi. Devi entrare nel personaggio. Devi sapere che lui non direbbe mai quella determinata cosa, userebbe una espressione piuttosto che un’altra (che magari a te piace di più). Questo è fondamentale, soprattutto se scrivi un discorso: devi mettere chi lo leggerà in condizione di sentirlo suo, altrimenti la balbuzie è assicurata.
Tutto ciò vale anche quando si devono produrre testi che saranno poi stampati. In questo caso occorre fare attenzione al registro. E’ divertente quando bisogna abbassarlo, rispetto al proprio livello, ed è molto stimolante quando è necessario alzarlo, perché bisogna studiare, informarsi, accrescere la dignità del proprio sentire e dei propri pensieri.
Passo dunque, con piacere, buona parte del mio tempo a osservare in silenzio le persone, a farle chiacchierare, a cogliere le loro espressioni tipiche e ricorrenti, le loro grandezze e le loro miserie. Mi è capitato a volte, in questo modo, di arrivare ad apprezzare chi all’inizio non mi aveva ispirato fiducia. 
C’è, poi, un secondo lato interessante in questa professione di fantasma. Molte volte quello che scrivo non suscita in me alcun interesse e quindi mi concentro di più su chi dovrà leggere o firmare. A volte, però, per fortuna, capitano temi che mi coinvolgono. Se il personaggio  è “ostico” c’è poco da fare, ma quando è possibile colgo l’opportunità per creare qualcosa che appartenga anche a me.
Parto da un nucleo mio, che poi lavoro e modifico, anche con il contributo del mio interlocutore.
Conservo quasi sempre, però, la base di partenza, il mio pensiero, come nel caso di queste righe sulla città di Ancona, che ho scritto quasi due anni fa per conto dell’allora sindaco e dell’assessore alla Cultura (per pubblicare l’introduzione a Nostro Lunedì – Luoghi di settembre 2008).

ANCONA E' LA CITTA' DEI LUOGHI

Ancona non è “quella città che…”, non si identifica con un simbolo unico e preciso. E’, piuttosto, “la città dove…”, la città dei luoghi. E’ la città dove il sole sorge e tramonta sul mare, dove puoi camminare da mare a mare, e il mare puoi raggiungerlo percorrendo strade, piazze e viali, ma anche attraverso la natura e la storia dei suoi parchi immensi e quasi sconosciuti. Pure l’odore del mare è diverso: se ti affacci a ovest, sul porto, oppure a est, dove il profumo dell’acqua salata, della pietra e del cemento si fonde con quello dei pini e dei cespugli della falesia.
Ancona è il luogo della diversità: tra paesaggi, tra quartieri, tra culture secolari, che ispirano la gente comune e anche gli artisti, alcuni dei quali questa sapienza ricca e polimorfa l’hanno portata via, al di là dei confini della città, dove non hanno amato, e non amano, fare ritorno.
Ancona è il luogo dei luoghi, che trae la sua identità proprio dall’intreccio di tanti caratteri. L’immagine complessiva, qui, si ricava solo dall’unione di tutti i punti e la storia non è solo nelle chiese, nei palazzi, nei monumenti, ma anche sotto i nostri passi: nelle grotte, nei camminamenti, nelle cisterne, tra i cespugli del Cardeto, dove la natura, continuamente, svela e nasconde.
E poi c’è la Mole: luogo della terra e dell’acqua, scrigno, nel tempo, di dimensioni e vissuti diversi: la sofferenza e la malattia, il commercio, l’industria, la cultura e l’arte. Anch’essa, dunque, tappa fondamentale del Museo, che è vivo, che inevitabilmente è “diffuso” e necessariamente deve avere come tetto il cielo e come filo rosso il percorso tortuoso della memoria che va, instancabilmente, lungo le salite e le discese di questa città. 

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