martedì 7 febbraio 2012

LA NEVICATA DEL 2012

Come si fa a non scrivere almeno due righe sulla nevicata del secolo?
Magari qualcuno tra un po' ci farà una canzone e io auguro a questo qualcuno lo stesso successo di  Mia Martini e dei suoi autori, che si cimentarono con il nevone precedente.
Direi che ci sono due elementi interessanti.
Intanto, in primo luogo, questa è stata sicuramente la nevicata più attesa. Almeno nella mia città, Ancona, ma credo anche altrove. Abbiamo vissuto giorni di allerta meteo, che preannunciavano l'evento e, siccome questo è arrivato con un po' di ritardo, molti di noi hanno passato le ore immediatamente precedenti a rimandare impegni, cancellare appuntamenti, fare rifornimento al supermercato. Poi la neve non arrivava e abbiamo rischiato di fare la fine dell'agnellino che gridava sempre al lupo al lupo.
Io ho tirato un sospiro di sollievo perché, sì, è vero che alla fine è nevicato, però è anche vero che il caso si riserva ancora almeno qualche ora di autonomia.
C'è anche da dire, credo, che quest'anno siamo tutti un po' più sensibili al tema delle previsioni per il futuro, con la profezia dei Maya che ci pende sopra la testa e con i terremoti e le alluvioni degli ultimi periodi che qualche brutto pensierino di tanto in tanto ce lo hanno fatto venire.
La seconda osservazione che voglio fare riguarda l'insofferenza cosmica che ho notato in questi giorni. Certo sessanta-settanta centimetri di neve in una città non sono un evento da poco. Ma io dico: tutta questa gente che esce fuori vestita di goretex, con le racchette da passeggio e gli occhiali da sci è certamente frequentatrice della montagna. E allora, tra una sciatina e una cioccolata calda, non l'hanno visto il popolo alpino? Ognuno pulisce il suo marciapiede, il suo cortile, il suo cornicione. L'efficienza delle amministrazioni pubbliche si può e si deve pretendere, però non che ti vegano a rassettare la cucina di casa.
Io sono un po' più fortunata da questo punto di vista, perché le mie origini nell'entroterra mi hanno fatto vedere qualche nevicata in più. Ricordo che da bambini, se ci trovavamo al paesello e cominciava a nevicare, mentre noi gridavamo di gioia i nonni e i papà (ma pure le nonne e le mamme) si mettevano un giaccone pesante, un cappello e gli stivali per andare a fare la rotta (leggi: prendere la pala e spalare la neve davanti alla porta, nel cortile, fino alla strada). Quando nevicava il primo pensiero di ogni famiglia non era quello di fare il pupazzo di neve, ma di liberare l'uscita di casa propria e poi, immediatamente dopo, di aiutare i vicini o quelli che da soli non ce la facevano. In un paesino a 500 metri sul livello del mare io non ho mai visto mio nonno chiamare i Vigili del fuoco perché non poteva uscire da casa.
Il mangiare, poi: capisco quei luoghi dove ci sono due metri di neve e il maltempo non concede tregua. Lì c'è l'emergenza vera. Ma, a parte casi particolari che le pubbliche Amministrazioni devono avere tempo e modo di affrontare efficacemente, credo che nella maggior parte delle case siano stivati viveri sufficienti per sopravvivere una settimanella (persino a casa mia, che per abitudine non tengo la dispensa). Magari non tutti i giorni a pastasciutta, però sopravvivere sì. Eppure abbiamo visto o letto di scene di panico al supermercato o, quantomeno, di scaffali svuotati immediatamente dopo i rifornimenti. In questi giorni ho fatto un dolce, la polenta e il pane con quello che avevo in casa. E ho pure bollito la neve perchè un giorno mancava l'acqua e non ci potevamo lavare. Non sono ancora morta per questo.
Detto ciò, aggiungerei un punto al mio ragionamento estemporaneo: il movimento. Ogni volta che nevica ci ricordiamo che esistono anche le gambe per andare nei posti, non solo l'automobile. Ieri sono andata al lavoro a piedi e lungo la via eravamo in tanti. Per strada ho incontrato un amico e, camminando di buona lena per resistere al freddo, ci siamo fatti una bellissima e lunghissima chiacchierata. Per fortuna almeno in questi casi ce lo possiamo permettere, perché il tempo si dilata e non siamo più schiavi dei nostri rigidissimi cronoprogrammi. Poi, in questi giorni, mi sono pure ricordata che a volte si può anche restare a casa, anche senza tv satellitare perché la parabola è gelata. Anche senza tv.
Ultimo punto: il lavoro. Quando nevica la maggior parte di noi può stare a casa senza sensi di colpa. C'è, però, un sacco di gente che a lavorare ci deve andare comunque, per garantire i servizi agli altri. Io le ho provate tutte e due le sensazioni e devo dire che è molto bello guardare i fiocchi che scendono dalla finestra con una tisana in mano. Ma lavorando mi sono sentita utile, con la U maiuscola delle occasioni speciali. Ancora me lo ricordo il febbrone post neve dell'anno scorso, dopo giorni passati in sala operativa, per strada o nell'ufficio a scrivere comunicati stampa senza riscaldamento.
Grazie a tutti quelli che quest'anno sono di là e si curano di noi.

1 commento:

lella ha detto...

Da anconetana (anche se acquisita) non posso che dire: BRAVA! hai ragione! io e mio figlio abbiamo dovuto spalare per tre giorni, aiutati solo da un vicino su dieci famiglie che siamo! Qualcuno spalava nel suo giardino (?) come se servisse a qualcosa quando la nostra strada privata di accesso a quella principale è sepolta da 50 cm. di neve!
Ciao, con simpatia e ammirazione per il tuo lavoro. Lella

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