lunedì 28 maggio 2012

E' ARRIVATO CARLOS

Volevamo un jack russel, ma era molto costoso e, alla fine, non ci piaceva l'idea di comprare un cane, poi abbiamo aspettato per un po' che la border collie della nonna si accoppiasse per avere un cucciolo.
Ma una mattina, il 4 maggio, siamo capitati al canile, io, Giulia e Marco.
Abbaiavano quasi tutti, con la determinazione di chi dice eccomi, ci sono. Alcuni stavano, invece, in silenzio, impauriti, oppure arrabbiati, tristi, depressi. Noi abbiamo visto Carlos, uno springer spaniel di quattro anni, o forse più. A me è sembrato bellissimo, elegante, proporzionato. Chissà perché stava lì da più di tre anni. Lo hanno tirato fuori dal box dove conviveva con altri quattro o cinque cani. Era spaventato, ritroso, aveva lo sguardo assente, quasi da far paura. E' rimasto in piedi vicino a noi con il collo cinto dal cappio del guinzaglio. Io mi sono girata un attimo a parlare con l'operatirce mentre Giulia lo teneva e lo accarezzava con il suo solito modo rassicurante e determinato. E' stato un attimo. Mi sono girata e l'ho visto sedersi vicino a lei, quasi rilassato, poi, dopo qualche secondo si è piegato addosso alle sue gambe.
Sembra una leggenda metropolitana, ma i cani ti scelgono. Forse sentono che puoi dare loro una chanche, non so di preciso.


Abbiamo avuto qualche dubbio: non è un cucciolo, sarà mordace? starà bene in salute?
Siamo usciti per pensarci. Il tempo di una visita dall'osteopata e dopo poco più di un'ora eravamo di nuovo lì per chiedere di adottarlo. Marco esultava come per la vittoria della sua squadra del cuore. Anche Giulia era felice, ma, come sempre, discreta e contenuta. Lei è capace di restare quasi impassibile in tutte le situazioni, però lascia ridere gli occhi.
Facciamo le analisi, controlliamo che sia tutto a posto e poi potete venirlo a prendere, ci hanno detto le operatrici del canile.
Nell'attesa siamo andati a trovarlo quando potevamo e lui ci riconosceva, ci salutava e ogni volta la sua fiducia faceva un passettino in più, quasi impercettibile, verso di noi.
Sono andata a prenderlo dopo venti giorni, il 24 maggio. L'ho caricato dietro in macchina. Aveva paura, ma mi sembrava anche emozionato. Con la testa ha spostato il divisorio di metallo, che io avevo montato male. Con un balzo ha scavalcato il bagagliaio e si è accomodato sul sedile dietro, come se avesse sempre viaggiato in quel modo. Forse si ricorda del suo passato remoto, forse ha già viaggiato così in macchina. Ma come fa - mi chiedevo - è chiuso in canile da più di tre anni.
Adesso è a casa con noi da quattro giorni. Comincia ad ambientarsi, è buono, mi fa passeggiare la mattina presto, cosa che forse non avevo mai fatto e che invece mi piace molto. E' ripulito, spazzolato ogni giorno, ha una cuccia, un materasso, un giardino, un balcone e una casa dove dormire di notte. L'affetto ce l'ha dimostrato subito, anche quando ancora aveva tanta paura. Adesso ci sta prendendo le misure: chi comanda? con chi si può giocare? a chi chedere le coccole? a chi mi posso affidare? E soprattutto, visto che ogni giorno c'è un nuovo arrivo (la gatta, i nonni, la donna delle pulizie, il cane dei nonni, i vicini, gli amici, gli zii, i cugini...) si chiederà: ma questi, quanti sono?
E' un peccato sgridarlo, visto quello che ha sofferto, ma il ragazzo mi sembra furbo. Già si capisce che se non mettiamo i paletti, questo si allarga sempre di più. L'hanno imparato tutti, però. L'ho imparato anch'io e lo imparerà anche lui: in questo film la mamma sono io.

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