venerdì 30 aprile 2010

UNA CITTA' COME FIRENZE NON CHIUDE


A Firenze, per la prima volta, quest’anno il 1° maggio funzionerà l’ATAF, sarà aperto Palazzo Vecchio (per gli Uffizi, gestiti dallo Stato, dovremo ancora aspettare…), sarà concessa libertà ai negozi del centro storico – e solo a loro – di tenere aperto se lo vorranno.

Una città come Firenze non chiude. Può piacere o meno, ma è così.
Ci hanno criticato in tanti, ma io penso che il primo maggio sia la festa del lavoro. La festa di chi il lavoro ce l’ha, di chi il lavoro lo sta perdendo perché cassaintegrato, la festa di chi il lavoro ce l’ha oggi ma domani non si sa.
Quanto mi piacerebbe una discussione pubblica con i sindacati – o con chi per loro – sui temi del rispetto dei tempi, del ciclo di vita delle famiglie, delle relazioni. Mi piacerebbe poter dire la mia, da ragazzo cresciuto in una società in cui gli stessi che ci hanno tirato su a forza di centri commerciali, outlet e multisale, oggi ci fanno la predica sui giorni festivi. Cresciuti a colpi di spot sembriamo ricordare i valori fondanti della festa del lavoro solo quando c’è da contestare un’amministrazione. Eppure quanto vorrei discutere del lavoro, quello vero, quello che c’è e quello che manca. Discuterne con la mia generazione che è cresciuta pensando che il primo maggio sia la data di un grande concerto e che i sindacati siano meritorie associazioni in difesa dei diritti dei pensionati. Vorrei gridare ai ragazzi che non è così, che non dovrebbe essere così. Vorrei gridare il valore del primo maggio. Vorrei portare ciascuno di loro in pellegrinaggio laico davanti alla Seves, azienda fiorentina che rischia di chiudere sacrificata da vicende economiche e finanziarie inaccettabili. Vorrei che potessimo parlare di chi perde la vita per portare a casa uno stipendio, in una repubblica democratica che sarà anche fondata sul lavoro ma spesso sembra affondare sulla rendita.
Vorrei che ci dicessimo questo. Non che facessimo polemica con un’amministrazione di una città visitata da milioni di persone, solo perché in un giorno di festa apriamo il Palazzo Vecchio, facciamo funzionare gli autobus, consentiamo libertà di scelta a chi vuole aprire. Già, libertà di scelta.
Niente di più, niente di meno.
Il Presidente di Unicoop Toscana, Turiddo Campaini ha detto “Noi il primo maggio non apriamo.” Per forza. Non glielo consentiamo. Magari non aprirebbe lo stesso, ma nessuno di noi ha mai dato il via libera alle (tante) coop del nostro territorio. Abbiamo solo detto che potranno aprire – se lo vorranno – i negozi del centro.
Qualcuno ha detto che siamo schiavi dei bottegai. Sono gli stessi che in questi mesi ci hanno accusato di non fare concertazione con le associazioni di categoria dei commercianti. Noi non siamo nemici dei bottegai fiorentini: loro sono i principali nemici di se stessi quando si piegano sulla rendita e non accettano la sfida della novità. Firenze non può essere la Bella Addormentata nel bosco, non può stare ferma, non può pensare di offrire sempre la solita faccia con alcuni che puntano solo a spennare i malcapitati turisti. Firenze ha bisogno di aria fresca.
Un’ultima considerazione. Ci sono decine di città governate dal centrosinistra che aprono da anni il primo maggio. Qualcuno addirittura obbliga ad aprire. Però la polemica c’è solo quest’anno. E solo (o quasi) per noi. Non mi stupisce la reazione della CGIL locale, il cui segretario è coerentemente all’opposizione su tutto, dalla pedonalizzazione del Duomo in poi. Mi stupisce che se una cosa viene fatta a Siena, amministratori locali, dirigenti di partito, presidenti vari non aprono bocca, salvo poi intervenire quando si scopre che c’è anche Firenze…
Per dirla con le parole del grande Mourinho ho la sensazione che per qualcuno l’amministrazione di Firenze sia un’ossessione. Per noi è solo un sogno…
MATTEO RENZI

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